Siamo pronti per cominciare il nuovo corso di alpinismo di base! Per darvi un assaggio dell’esperienza pubblichiamo il racconto personale di Pier, ex allievo CAI 2017….se avete ancora dubbi leggete qui e correte a iscrivervi!
Ricordiamo che la presentazione del Corso di alpinismo 2018 sarà martedì 8 maggio presso la sala convegni della Biverbanca – Biella, Via Carso 15 alle ore 21:00.
I conquistatori dell’inutile – Versione “nano”
“Guarda che sono sicuro che a te piace l’alpinismo… la falesia è bella, sì ok, ma fidati… la montagna vera è un’altra cosa.”
Così mi diceva l’amico Edo, istruttore del corso di Alpinismo alla scuola Machetto di Biella… “La montagna vera è un’altra cosa”. Prima dello scorso anno, a parte qualche tiro di arrampicata non avevo mai fatto grandi cose in montagna, né mai provato a esplorare limiti che fossero oltre quel tiro un po’ più duro in falesia. Da qualche tempo però, avevo ripreso a frequentare la montagna con più assiduità e cominciavo ad accarezzare l’idea di esplorare nuovi orizzonti. Così a fine anno, a 35 anni suonati, metto gli sci ai piedi quasi per la prima volta, con un nuovo pallino del tutto sulla carta: lo scialpinismo, mai nemmeno visto fare prima. Mi accorgo presto di dover rinunciare al relativo corso in partenza di lì a poco, prima bisogna imparare a sciare, ma rapito dai suoi racconti sulla mitica gara, decido di seguire un amico che partecipa al trofeo Mezzalama, che mi spiega essere una gara non solo di scialpinismo ma di alpinismo vero! Carico dei suoi racconti lo seguo alla partenza e quando verso le 6 del mattino il cielo si rischiara e la luce comincia a tracciare profili sulle montagne di Cervinia, rimango estasiato dall’imponenza delle vette che mi circondano. Quella stessa sensazione di rapimento della prima volta che ho ammirato la forza dell’oceano infrangersi sugli scogli. Lì a Cervinia, guardando le guglie affilate, il grigio della dura pietra e il bianco della neve, ho capito che avrei voluto godere di tutto ciò. Non ci avevo mai pensato prima e tutt’a un tratto era chiaro e tangibile: voglio fare un corso di Alpinismo.
Abitando a Torino provo alla storica scuola Gervasutti; tutto pieno. Provo al CAI Uget la sera dopo; tutto pieno anche lì. Non mi arrendo, il desiderio è tale che prendo il telefono e chiamo Edo l’amico biellese. I numeri sono alti anche lì, mai vista tanta affluenza… ma c’è ancora posto. Penso alla distanza, alla scomodità delle lezioni, ma sono più spaventato dal saltare l’anno che dai chilometri da percorrere… si può fare, mi iscrivo!
Il corso inizia ed è subito molto interessante, a partire dalle lezioni tecniche in aula e in palestra. I nodi, le manovre, i diversi tipi di sosta, la sicurezza e le diverse progressioni possibili in cordata, tutte nozioni che prima assimiliamo in settimana per poi provare dal vivo nelle sempre diverse uscite del week end. Tra queste, le prime sono di arrampicata classica; si parte dalle basi, con i pazienti istruttori che spiegano e rispiegano i nodi. Tutti, più esperti e novellini della parete, ci infiliamo le scarpette e ci cimentiamo con la roccia. Dapprima sulle amichevoli placche di Traversella e poi in vere vie lunghe di più tiri nella suggestiva cornice di Scalaro.
Ora si entra nel vivo. La prossima gita è a Ailefroide, il paradiso del montanaro; un’area stupenda situata non molto oltre il confine in territorio francese, dove praticare ogni disciplina sportiva in quota. La nomea del posto è giustificata, la nostra prima due giorni è al top. Sabato ci cimentiamo con rinomate vie lunghe sul bel calcare d’oltralpe, per proseguire con cena conviviale e notte in campeggio. Tutti a nanna, domani sarà per molti, me compreso, il battesimo del ghiaccio. Così la notte mi trovo a rigirarmi nel sacco a pelo, agitato come un bambino prima di andare a Gardaland. L’indomani dopo un paio d’ore di cammino è neve e poi ghiaccio; la lingua prominente del Glacier Blanc si mostra in tutta la sua bellezza. Calziamo i ramponi e ci viene insegnato come legarci e come muoverci sulla nuova superficie, come gestire le difficoltà, come intervenire in caso di cadute e altre tecniche interessanti, e i più temerari trovano il coraggio di trazionare come disperati, nel tentativo di eseguire una parvenza di Piolet traction, sulla ripida parete laterale del ghiacciaio.
La settimana successiva si torna sulle montagne piemontesi e dopo il pernottamento al rifugio Coda, si affrontano le creste rocciose di Carisei e Innominata, due stupende vie da eseguire per lo più in conserva tra grandi gendarmi di pietra. Tra uno sprono e un incalzo del grande Mauro, riusciamo nell’impresa e dopo molte ore di salita e di discesa, sfiniti ma pienamente soddisfatti, riprendiamo la via di casa.
La settimana successiva è tempo nuovamente di calzare i ramponi. Questa volta non solo non dormo la notte prima, ma sono agitato dal lunedì. Qui non si tratta più di Gardaland, questa per me e’ la fabbrica di cioccolato di Willy Wonka, il battesimo dei 4.000 sul Monte Rosa! Partiamo presto e con la funivia saliamo rapidamente fino a raggiungere Punta Indren. Ci prepariamo e ci leghiamo. Sono tra i fortunati che saliranno la Cresta del soldato. Attraversiamo il ghiacciaio; la quota si fa sentire e con lei la fatica, ma l’ambiente è stupendo. Dopo un paio d’ore arriviamo all’attacco della via di roccia in quota, da percorrere tutta in cresta con passaggi in conserva e in arrampicata e dopo un altro paio d’ore di fatica ci siamo! La punta Giordani con i suoi 4.046 m è nostra. E da qui il panorama è semplicemente immenso.
Per l’ultima uscita ci dirigiamo in Val d’Aosta e dopo una lunga ma bellissima camminata nel vallone panoramico della Valpelline, arriviamo al rifugio Nacamuli, quota 2.800 metri. La notte è breve (o la sveglia è presto), 4:30 in piedi e colazionati. Il cattivo tempo ci costringe a ritardare l’uscita, ma dopo un’oretta ci prepariamo con imbrago e piccozza per dirigerci alla Punta Kurtz. Stavolta non siamo baciati dal sole come per il resto delle uscite. Arriva la nebbia, avvolge le cime e dunque noi. Poi la neve, fine e dura, che insieme al vento freddo si fa sentire ficcante sulla faccia. Arriviamo alla punta e vorremmo proseguire per la successiva, ma la visibilità si riduce sempre più e dopo un breve consulto gli istruttori decidono per il rientro. Ma non mi dispiace, anche questa è montagna e anche questa è lezione. Finora eravamo stati fortunati con il meteo, ma bisogna anche sapersi ritirare se serve; e la sicurezza è uno dei principi che più ci sono stati insegnati. Ci avviamo verso casa e con il ritorno si avvicina la fine del corso.
Non avevo mai pensato di seguire un corso di alpinismo e quando l’ho cominciato, mai avrei immaginato di vedere posti così belli, sentirmi soddisfatto per le scalate compiute, attraversare un ghiacciaio e poi la nebbia della montagna vera, toccare i 4.000!!
Per tutto questo, mi permetto a nome di tutto il gruppo, di ringraziare di cuore gli istruttori della scuola, che sacrificano sabati e domeniche di tempo libero e di possibili buone avventure, per accompagnare noi, “nano” conquistatori dell’inutile a compiere piccole gite, che per noi sono grandi imprese. Grazie per quello che ci avete insegnato, per la pazienza e soprattutto per le emozioni che ci avete permesso di provare.
(E alla fine mi è toccato dargli ragione. La montagna vera era un’altra cosa…e il bello deve ancora venire)
Pier